Qual è il confine tra l'arte e il design? C'è un modo per stabilire quando un oggetto è espressione artistica e quando invece è un oggetto d'uso?
Se pensiamo alle opere del passato, che per noi sono indiscutibilmente “arte”, non dobbiamo dimenticare che venivano create su commissione e avevano sempre una funzione d'uso. Esattamente come gli oggetti di design. Anche in questi ultimi il progettista mette molto di sé e della sua visione del mondo come fanno gli artisti, ma lui lo chiamiamo progettista.
Solo in un passato più recente, a partire dall'Illuminismo e soprattutto con il
Romanticismo, l'espressione di sé è diventata irrinunciabile e gli oggetti
artistici hanno perso il loro carattere funzionale (o è diventato molto
secondario) e si è creata una frattura tra arte e design che tuttavia non
sempre appare netta e riconoscibile.
Dov'è il confine tra arte e decorazione? Cos'è l'arte? Cos'è oggi e cos'era nei molteplici passati e nei molteplici luoghi? Ma anche oggi l'arte e l'artista possono essere svariate cose. Quanti che si ritengono semplici virtuosi della decorazione, rivelano poi doti comunicative ed espressive?
Dov'è allora poi il discrimine tra l'arte e il design? Una progettazione 'corretta' ma senza anima è pessimo design. Un'opera d'arte senza consapevolezza critica e quindi senza un percorso progettuale alle spalle, tradisce il poco spessore.
Nel passato gli artisti, nelle loro botteghe, non disdegnavano di fare artigianato. Questo non vuol dire che l'artista non avesse margini di espressione personale e anche volontà in tal senso. Ogni attività creativa è sempre e comunque un'attività dello spirito, ma l'espressione del proprio “io” non era preponderante e non era neppure la cosa più gradita o ricercata dalla committenza, che voleva che l'artista esprimesse soprattutto i valori e le idee che essa dettava.
L'artista oggi ha una libertà totale e incondizionata che nel passato non ha mai conosciuto. Ma parliamo solo dell'arte cosiddetta figurativa, perché se consideriamo l'architettura o il design, torniamo di nuovo ad una libertà molto condizionata. Oggi esattamente come allora.
Sembra quindi che la frattura tra l'architettura e il design da una parte e le arti figurative (definizione divenuta molto inadeguata) dall'altra, oggi sia accentuata come mai lo è stata in passato. E questo in virtù di un cambiamento nell'arte dell'Occidente a partire dal Romanticismo, quando la valorizzazione dell'individuo nelle sue capacità razionali e nel suo personale sentire, hanno individuato nell'arte un terreno congeniale e permeabile di espressività; ma lo hanno potuto "colonizzare" solo là dove altri fattori, come il volere e il potere di soggetti esterni all'artista, non avevano un forte o totale potere di condizionamento.
Ma perché questa tendenza è rimasta stabile nel corso degli anni? E lo è rimasta davvero? E quanto è diffusa tra tutte le tipologie e individualità artistiche contemporanee?
La mia impressione è che nel corso del Novecento e del secolo attuale si sia molto ridimensionata tra gli artisti, mentre continui ad essere molto popolare a livello di opinione pubblica e rappresenti uno dei fattori di maggiore incomunicabilità tra il pubblico, la critica e l'artista.
Mi pare che molti artisti oggi siano tornati a pratiche e concezioni più in sintonia con con il design e l'architettura e soprattutto con la grande tradizione storica pre-romantica, nella quale sembrano maggiormente impigliati gli artisti più semplici, meno attrezzati dal punto di vista critico e culturale.
Libertà condizionate quelle del design e dell'architettura che tuttavia ai grandi non impediscono di volare alto. Neppure i condizionamenti di Giulio II o di Leone X o di Paolo III hanno impedito a Michelangelo o a Raffaello di creare dei capolavori. Eppure quei condizionamenti c'erano ed erano anche molto pressanti. Il sentiero che si sono trovati a percorrere loro, come altri grandi artisti quali Borromini o Bernini, sono stati talvolta molto stretti, ma forse hanno finito per agire da stimolo e da guida alla nascita del capolavoro. La totale libertà può anche non essere utile a tale scopo e dover seguire delle regole può stimolare la creazione più di quanto si possa pensare. E l'artista del passato, anche quando decorava, metteva la sua visione del mondo e l'espressione di sé, ma solo dopo le richieste del committente e le esigenze della decorazione.
Se ho fatto questa lunga premessa, chiamando in causa i grandi del passato, non l'ho fatto per fare un pragone irrispettoso, ma solo per nobilitare un atteggiamento artistico che, sono sicuro, senza il sostegno della storia, verrebbe sottovalutato.
Dov'è il confine tra arte e decorazione? Cos'è l'arte? Cos'è oggi e cos'era nei molteplici passati e nei molteplici luoghi? Ma anche oggi l'arte e l'artista possono essere svariate cose. Quanti che si ritengono semplici virtuosi della decorazione, rivelano poi doti comunicative ed espressive?
Dov'è allora poi il discrimine tra l'arte e il design? Una progettazione 'corretta' ma senza anima è pessimo design. Un'opera d'arte senza consapevolezza critica e quindi senza un percorso progettuale alle spalle, tradisce il poco spessore.
Nel passato gli artisti, nelle loro botteghe, non disdegnavano di fare artigianato. Questo non vuol dire che l'artista non avesse margini di espressione personale e anche volontà in tal senso. Ogni attività creativa è sempre e comunque un'attività dello spirito, ma l'espressione del proprio “io” non era preponderante e non era neppure la cosa più gradita o ricercata dalla committenza, che voleva che l'artista esprimesse soprattutto i valori e le idee che essa dettava.
L'artista oggi ha una libertà totale e incondizionata che nel passato non ha mai conosciuto. Ma parliamo solo dell'arte cosiddetta figurativa, perché se consideriamo l'architettura o il design, torniamo di nuovo ad una libertà molto condizionata. Oggi esattamente come allora.
Sembra quindi che la frattura tra l'architettura e il design da una parte e le arti figurative (definizione divenuta molto inadeguata) dall'altra, oggi sia accentuata come mai lo è stata in passato. E questo in virtù di un cambiamento nell'arte dell'Occidente a partire dal Romanticismo, quando la valorizzazione dell'individuo nelle sue capacità razionali e nel suo personale sentire, hanno individuato nell'arte un terreno congeniale e permeabile di espressività; ma lo hanno potuto "colonizzare" solo là dove altri fattori, come il volere e il potere di soggetti esterni all'artista, non avevano un forte o totale potere di condizionamento.
Ma perché questa tendenza è rimasta stabile nel corso degli anni? E lo è rimasta davvero? E quanto è diffusa tra tutte le tipologie e individualità artistiche contemporanee?
La mia impressione è che nel corso del Novecento e del secolo attuale si sia molto ridimensionata tra gli artisti, mentre continui ad essere molto popolare a livello di opinione pubblica e rappresenti uno dei fattori di maggiore incomunicabilità tra il pubblico, la critica e l'artista.
Mi pare che molti artisti oggi siano tornati a pratiche e concezioni più in sintonia con con il design e l'architettura e soprattutto con la grande tradizione storica pre-romantica, nella quale sembrano maggiormente impigliati gli artisti più semplici, meno attrezzati dal punto di vista critico e culturale.
Libertà condizionate quelle del design e dell'architettura che tuttavia ai grandi non impediscono di volare alto. Neppure i condizionamenti di Giulio II o di Leone X o di Paolo III hanno impedito a Michelangelo o a Raffaello di creare dei capolavori. Eppure quei condizionamenti c'erano ed erano anche molto pressanti. Il sentiero che si sono trovati a percorrere loro, come altri grandi artisti quali Borromini o Bernini, sono stati talvolta molto stretti, ma forse hanno finito per agire da stimolo e da guida alla nascita del capolavoro. La totale libertà può anche non essere utile a tale scopo e dover seguire delle regole può stimolare la creazione più di quanto si possa pensare. E l'artista del passato, anche quando decorava, metteva la sua visione del mondo e l'espressione di sé, ma solo dopo le richieste del committente e le esigenze della decorazione.
Se ho fatto questa lunga premessa, chiamando in causa i grandi del passato, non l'ho fatto per fare un pragone irrispettoso, ma solo per nobilitare un atteggiamento artistico che, sono sicuro, senza il sostegno della storia, verrebbe sottovalutato.
Il progetto
TABLEAU-TABLETTE di Massimo Soldaini nasce come un'operazione di puro design,
dall'incontro tra la decorazione e il disegno industriale. L'iter creativo è
frutto esclusivamente di progettazione, sia nella scelta dei materiali che nel
loro utilizzo. Così come è mutuata dalla progettazione la tecnica di
assemblaggio. Il risultato, dovuto anche alle doti e alla sensibilità
dell'artefice, è qualcosa che ha molto a che fare con l'opera d'arte e come
essa va a decorare delle pareti, svolgendo una funzione che, se ci pensiamo
bene, è più tipica del design che dell'arte. Il suo ideatore si tiene alla
larga dalla parola "arte", ma io invece propendo per usarla tout
court. Le argomentazioni precedenti miravano proprio a questo, a dimostrare che
la componente decorativa, commerciale e progettuale è cosa consueta nella
storia dell'arte. Le caratteristiche delle opere e dell'intero progetto in
realtà racchiudono più componenti “artistiche” di quanto non venga dichiarato.
Per prima cosa gli va riconosciuto l'intento di annullare il confine tra arte e
decorazione, esplorando le potenzialità di varie tecniche e materiali in modo
da rivestire di modernità un'essenza molto antica e dando, sull'esempio del
passato, una nuova prospettiva all'operare artistico.
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